L’Accadimento è arrivato quando meno se lo aspettava e così, Caterina con marito, figli e cane al seguito si è ritrovata in un paesino nel cuore delle Alpi Valdostane. Scrittrice, giornalista, esperta cittadina londinese e italiana, si ritrova in “lontano dalla vetta” a parlare di capre, vita in Baita, sterpaglie bruciate e candida neve. Un libro che spesso fa sorridere e che ho letto tutto d’un fiato. Caterina parla della montagna, quella vera, raccontandola dal punto di vista di una che la montagna l’ha sempre vissuta solo come una vacanza, e neanche troppo lunga, visto che ha sempre amato il mare. Al suo fianco il Signor Stambecco e un cane calabrese la accompagnano nelle sue escursioni e lei ci parla della Regina delle Caprette, di donne forti e coraggiose, di avventure e discussioni d’alta quota – quelle classiche che conosco molto bene anche io -, della Donna dei Fiori, di animali di montagna, di emozioni, a volte di paura, altre volte di felicità.
Caterina con le sue parole semplici, scorrevoli e di vita quotidiana mi ha fatto riflettere più volte. Ho sorriso nell’ascoltare discussioni che ho già sentito parecchie volte negli ultimi anni – Yuri lo sa molto bene, vero? – e ho apprezzato tanto il fatto di mantenerle implicite perché chi ci è già passato, proprio come me, sa bene di cosa si sta parlando senza neanche bisogno di dirlo. Anche se io le pelli sotto gli sci non le ho mai messe, ma so cosa vuol dire arrendersi un quarto d’ora prima della cima. Mancano 15 minuti, e allora?!
Ho rimuginato sulla storia più difficile di donne che in montagna, purtroppo, non ce l’hanno fatta. Donne forti sì, ma forse troppo buone, troppo fiduciose con il mondo. E donne che vivono in stretta connessione con gli animali e la vita da stalla. Che soffrono di fronte ad un parto andato male e non possono spiegare l’amore che provano per i loro animali nonostante alcuni vadano al macello. Perché se non sei dentro quel mondo non lo puoi capire. Da quando sono qui anche io alcune di queste donne le ho conosciute e alcune parole che mi sono state dette da una che il lavoro duro di allevatrice lo conosce bene mi sono rimaste impresse. “Sondrio non è la vera Valtellina”, ed è proprio vero. La vera Valtellina sa di alpeggio, freddo nelle ossa, animali da gestire, una tradizione da mantenere e lottare con unghie e denti per ottenere dei diritti. Per combattere i prezzi troppo alti delle materie prime, per rimanere a galla contro quelle grosse industrie della Bassa Valle o della Brianza. La vera Valtellina è i “miei” ragazzi dell’istituto professionale che alle 8 di mattina si presentano – con un po’ di ritardo – in classe dopo essersi svegliati alle 3 di notte per andare a mungere. Sono i lavori estivi negli alpeggi Svizzeri perché di qua dal confine pagano troppo poco.
E quindi, grazie Caterina perché con la tua scrittura genuina, divertente e comunque riflessiva mi hai portata con te in Baita in Valle D’Aosta. Si sa mai che un giorno ci incontreremo tra quelle montagne.
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