Non ricordo bene quando tutto è cominciato.
So solo che io l’amore per la montagna ce lo avevo nel sangue.
Un amore incondizionato fatto di gratitudine, felicità e spensieratezza?
Bè, ora che ci penso bene non è proprio così.
Da piccola amavo arrivare al rifugio, a fine tappa, alla macchina, al parcheggio per tornare a casa. Quasi tutto quello che stava in mezzo era odioso.
Quasi.
La montagna per me erano le mucche nei prati, il sole forte, il pic-nic con i miei.
Da più grande la montagna è diventata una noia, un obbligo, da vivere con la musica nelle orecchie passo dopo passo, fino a togliere le cuffie e ritrovare un po’ di quella meraviglia che in fondo è sempre stata dentro di me, anche nel periodo più ribelle.
La montagna è diventata una sconosciuta, fino a trasformarsi in una completa estranea, un vago ricordo di quei bei tempi passati da ammirare nelle fotografie quando ancora i nonni venivano sui monti con noi.
Io quei giorni non me li ricordo bene e ora, da grande, rosico un po’.
Non sai mai il valore delle cose finché non le perdi: ora lo so.
E così ti rifugi in quelle foto, cercando di ricordare, e a volte ti ricordi per davvero, ma solo per qualche frammento di immagine, un momento, un istante che, speri, ti porterai sempre dietro.
La montagna è diventata la mia migliore amica quando tutto il resto si è fatto antipatico.
L’ho ritrovata, questa volta da sola, tra i sentieri di casa.
L’ho ritrovata in università con tutte quelle nozioni di geomorfologia applicata, geografia, climatologia… una noia mortale per alcuni, una miccia che si riaccende per me.
Ci siamo riprese per mano, piano piano, con rispetto.
Ci siamo studiate e, finalmente, abbracciate di nuovo come amiche di vecchia data.
Camminare in montagna è stato uno sfogo, una via d’uscita nei pomeriggi liberi dal lavoro e dallo studio.
Un modo per allontanarmi un po’ da casa e per percorrere sentieri ignoti, ricchi di curiosità .
Ho ritrovato la voglia di scoperta, la natura, la voglia di viverla davvero allontanando i momenti di buio.
Camminare in montagna è diventata una terapia, un modo per affrontare ostacoli giganti e per sudare tutto fuori.
Per urlare, sfogarsi, correre, inciampare, ammirare, sorprendersi, innamorarsi.
Camminare è stato un rifugio, quando dovevo prendere decisioni importanti e non sapevo cosa fare.
Quei pomeriggi partivo con tante domande e tornavo con tante risposte. Ero nuova, sapevo cosa fare, dove e come, e mi sentivo imbattibile.
Alla fine, la montagna è sempre stata con me, fin dal principio.
L’ho amata, allontanata e poi amata di nuovo.
La montagna ti allena alla fatica, e questa è una lezione che ancora devo imparare.
Quella parte di me di quando ero piccola c’è ancora: la voglia di restare a letto e non alzarsi presto, la resistenza al fare lo zaino e iniziare a fare un passo, la difficoltà nell’affrontare la fatica.
In fondo sono una pigra – lo so bene – ma so anche che alla fine della giornata di cammino sto da dio e sono la persona più leggera del pianeta: è questo che mi fa smuovere il primo passo.
Sto scoprendo che il segreto per camminare in montagna è liberare la mente da ogni pensiero, staccarsi dalla realtà , quella brutta, e focalizzarsi sui passi, sul panorama, sui compagni di cammino.
Toc, toc, toc, un passo dopo l’altro, lento, soffice sulle foglie d’autunno, sulla neve fresca, sui prati erbosi appena fioriti, sulle rocce ispide delle alte quote.
Toc, toc, toc, volano via i pensieri, il lavoro, le faccende e arriva la bellezza, il rumore del vento, dello zaino che sfrega, del respiro affannato.
Toc, toc, toc… imparare a respirare, a vivere, a camminare.
Camminare in montagna è una bella lezione che tutti, prima o poi, dovremmo vivere.
Un abbraccio,
Benedetta.


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